
La temperanza, la sobrietà, la parsimonia
Antonio Brunello aveva una famiglia numerosa e unita, dedita al lavoro, come ce n’erano tante a quei tempi. Si viveva con poco e non c’erano pretese. Vite scarne e rigorose come la natura alpina.
In un vecchio libro di geografia scolastica — ritrovato tra i suoi effetti personali “conservati” assieme a buste, documenti, cartoline e vecchi quaderni di scuola — sono state sottolineate in modo significativo queste espressioni che meglio di tante parole legano tempo e spazio — oltre a storia e, appunto, a geografia — alla dimensione esistenziale: “nei piccoli paesi, si sa, si vive con poco e di poco” e “la temperanza, la sobrietà, la parsimonia sono doti naturali e amabili, virtù che costano sforzi e privazioni”.
Antonio aveva una precisa idea delle sue responsabilità.
Passò l’adolescenza a imparare il mestiere di calzolaio. Riteneva il pensiero uno strumento, un utensile da impiegarsi sempre sulla materia. Amava in modo particolare le suole di cuoio battuto, i vetri iridescenti e i liquidi dai riflessi screziati che cambiavano tinta col mutar della luce.
La pelle “semplice e boschereccia” di uno scarpone — scrive così Antonio, con una calligrafia minuta in un suo piccolissimo quaderno d’appunti, riferendosi però direttamente al “corame” — “non manca mai di rivelarci segrete spiegazioni, come dal fogliame e dai fiori dei terreni incolti si può capire se ci sono nascoste sotto vene d’acqua o giacimenti di minerale”.
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